Julia_Child, foto di ©Lynn Gilbert, 1978

Articolo di Ilaria Sacchelli

Nella foto di copertina: Julia Child, nella sua cucina, Cambridge, Massachusetts. Foto di Lynn Gilbert, 1978

Quello che avanzi oggi, sarà il piatto forte di domani

Quante volte l’avete sentito dire dalle vostre nonne? Quella frase, apparentemente semplice, racchiude un intero universo: la cucina di recupero, l’equilibrio tra povertà e fantasia, il rispetto sacro per il cibo.

Oggi, in un’epoca di sprechi e consumi veloci, riscoprire la Cucina delle Nonne non è solo un atto nostalgico, ma una lezione di vita.

Perché la vera tradizione italiana non è fatta di piatti stellati, ma di gesti antichi che hanno tenuto insieme intere generazioni.

Questa è la Filosofia del “Non Si Butta Via Niente” per la quale le nonne italiane erano (e sono) le prime influencer della sostenibilità, anche se non lo sapevano. La loro cucina era un atto di resistenza:

Il pane raffermo diventava panzanella in Toscana, canederli in Trentino, strascinati con le molliche in Puglia.

Le bucce di patate si trasformavano in croccanti frittelle (scafette in Piemonte).

Il latte appena inacidito era la base per ricotte e primi formaggi.

Eugénie Brazier, titolare e cuoca del ristorante La Mère Brazier di Lione dal 1921. Premiata con tre stelle Michelin dal 1933 and 1968

Niente andava perduto, perché buttare il cibo era un peccato mortale. E in questa filosofia c’era un insegnamento più profondo: il valore delle cose semplici.

Alcuni dei piatti più iconici d’Italia sono nati dalla fame e da una spinta creativa mossa dalla necessità.

La ribollita toscana – nata per riciclare minestra e pane, poi “ribollita” per renderla più saporita.

Le polpette – nate per riutilizzare la carne avanzata, oggi sono un simbolo di festa.

La pasta al forno – dove gli avanzi del giorno prima diventavano un piatto unico ricco e sostanzioso.

Era una cucina povera negli ingredienti, ma ricca di ingegno. E questa capacità di trasformare il poco in molto è una delle grandi eredità della nostra cultura. Uno degli ingredienti necessari per la buona riuscita di questa filosofica ricetta , è il tempo; potremmo proprio dire che è l′ingrediente segreto.

Al tempo d’oggi, invece, tutto deve essere veloce. Ma le nonne insegnavano che il sapore ha bisogno di pazienza:

Il ragù cuoceva a fuoco lentissimo per ore.

I legumi si mettevano in ammollo la sera prima.

La pasta fatta in casa asciugava sul canovaccio di lino.

Non c’era fretta, perché il cibo era un rito, non un semplice pasto.

Ed ogni famiglia italiana ha la sua “ricetta segreta”, tramandata di generazione in generazione proprio come memoria familiare che diventa memoria dell’area di nascita, ma anche di tutto l’intero territorio.

Quella salsa di pomodoro che solo la nonna sapeva fare perfetta o quel dolce delle feste che riuniva tutti a tavola, ma anche quel brodo curativo che guariva ogni malanno.

Queste ricette non sono solo tecniche, ma frammenti di storia personale. Perdere queste tradizioni significa perdere un pezzo della nostra identità.

In un mondo di delivery food e sprechi alimentari, la Cucina delle Nonne ci ricorda che:

– il cibo è relazione (si cucina per chi si ama);

– la qualità sta nella semplicità (pochi ingredienti, ma buoni);

– la tradizione è innovazione (perché il riuso è la vera sostenibilità).

Dunque, La Forza di un Paese Sta nella sua Memoria.

Le nonne non avevano social, non scrivevano libri di cucina, eppure hanno creato una tradizione che il mondo ci invidia. La loro eredità non è fatta solo di ricette, ma di valori: rispetto, condivisione, ingegno.

Oggi più che mai, cucinare come le nostre nonne non è un passo indietro, ma un atto rivoluzionario. Perché la vera cucina italiana non è solo quella che riempie lo stomaco, ma quella che nutre l’anima.

Ribollita toscana

E per voi, qual è la ricetta della vostra nonna che vi portate nel cuore?

Ricette storiche, di ripiego, della Versilia che è la mia Terra:

Zuppa alla montanara (Seravezza):

E’ una minestra facile ed economica, in quanto permette di utilizzare gli avanzi della verdura. Mettere a soffriggere in una pentola una cipolla affettata con un po’ di burro. Quando questa sarà ben dorata aggiungere tanta acqua quanto basta e un dado di estratto o più. A parte tritare tutti gli avanzi di verdura che avete in casa (carote, sedani, rape, patate cavoli, ecc.) e metterli a bollire nel brodo con un po’ di salsa di pomodoro. Si serve con formaggio grattato. La minestra sarà cotta quando le verdure saranno tenere.

Frittata di cipolle alla Lula (che era la moglie del nostro dottore di famiglia, il Castagni)

Tagliare a fette non troppo sottili delle cipolle bianche di media grandezza (non occorre tenerle in bagno perché perdano il gusto forte). Metterle in padella con poco olio per il solo tempo necessario a farle appassire dopo averle condite con pepe e sale. A parte sbattere le uova con un pizzico di sale e pepe e con un bicchiere di latte versato poco a poco; poi unirvi la cipolla fatta soffriggere a parte. Lasciare questo miscuglio ben coperto, in riposo per almeno due ore. Al momento del pasto fare con questo miscuglio una frittata in padella con poco olio. È consigliabile scuotere di continuo la padella affinché la frittata non si attacchi. (Casa Tonini Seravezza).

Ricette tratte dal libro: Mariù Salvatori De Zuliani, La cucina di Versilia e Garfagnana, Bologna, Franco Angeli, 2019.

Che ogni boccone sia un tributo alla terra, ogni pasto un inno di gratitudine. Perché rispettare il cibo significa onorare la vita stessa, con umiltà e amore.

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