In un tempo così difficile, dove la pietà umana sembra scomparsa, dove guerre terribili uccidono civili, dove i bambini sopravvissuti a un genocidio senza senso sono devastati nel fisico e nell’anima, dove sembra che niente si possa fare per fermare la stupidità e l’arroganza dei potenti, si è aperta una mostra dedicata ai fiori. Può sembrare una scelta controcorrente, quasi superficiale, incongruente visto il momento, invece è proprio ora il momento. Andatela a vedere e assorbite la bellezza e la caducità dei fiori, specchio della nostra esistenza; viviamo anche noi pochi attimi rispetto alla storia, e il poco tempo che trascorriamo sulla terra lo passiamo a lottare l’uno contro l’altro, a prevaricare e a uccidere.

Luigi Bonazza, Giardino fiorito, 1923/25, olio su tela, 83×77 cm

Se riuscissimo a rimanere connessi alla natura sentiremmo la sua forza e la sua bellezza, che è breve, ma si rinnova ogni anno: si schiudono nuovi fiori, tornano le foglie, le spighe crescono, l’erba spacca anche il cemento pur di nascere e il vento passa fra i rami fioriti, portando semi nel mondo. 

Tutti noi cerchiamo la cosiddetta felicità, e forse è solo la ricerca di un nostro hortus conclusus dove rifugiarci, un ricordo del giardino dell’Eden che inconsciamente tutti portiamo dentro di noi; così questa mostra è un piccolo rifugio per l’anima, un assaggio dell’eden possibile.

La mostra è ospitata nella bella villa di Mamiano, nelle campagne intorno a Parma, lasciata negli anni ’70 da Luigi Magnani al pubblico godimento, con tutta la sua splendida collezione di opere d’arte. La fondazione da lui fortemente voluta conserva autentici capolavori: un bellissimo Monet, il più bel dipinto di Goya conservato in Italia, un grande Van Dick, una splendida statua di Canova, una stupenda Madonna col Bambino di Durer e una ricca collezione di opere di Giorgio Morandi, di cui Magnani fu amico.

Le opere in mostra sono ben 150: datano dalla fine dell’Ottocento a oggi, e con la loro bellezza, effimera ma eternata nella rappresentazione, ci riempiono gli occhi e l’anima di colori e fremiti, di sensazioni e nostalgie non conosciute.  

Allora entriamo e immergiamoci nel colore e nella gioia della natura: si inizia con una gigantesca e coloratissima scenografia di Fortunato Depero, realizzata nel 1917 per il balletto di Stravinsky Le Chant du Rossignol, composta da fiori quasi inquietanti, futuristi o futuribili, dai colori vivaci che ci sovrastano, irreali e divertenti. Passate alla sala successiva e cadrete nei languori di fine ’800, scoprendo i romantici fiori di Segantini, Previati, Pellizza, Fornara e Longoni. Giovanni Segantini, cantore di montagne, nevi, e placide mucche alla stanga, famoso per i dipinti simbolisti ambientati nelle nevi delle Alpi, dipinge eteree ortensie come in una poesia di Guido Gozzano. In effetti l’intera prima sezione della mostra è colma di ortensie, dipinte anche da altri autori, forse all’epoca questo fiore era considerato il più romantico, e poi troviamo rose e giardini animati da bambinaie e bambini, con cappelli di paglia e fiori in mano come nel dipinto di Giacomo Balla, che poi diventerà famoso per le sue opere futuriste, piene di dinamismo e modernità, così diverse da questo dipinto.

Fortunato Depero, Flora Magica-Scenografia per Le Chant du Rossignol, 1917, MART

E poi giardini sereni e tranquilli dove vorremmo sostare, come quelli dipinti da Umberto Moggioli: che bello poter entrare e afferrare l’annaffiatoio, curare le semplici piante in vaso, pensare sereni al futuro, oppure impazzire di gioia per la bellezza cromatica del giardino fiorito di Luigi Bonazza, che è l’immagine mostra, un fuoco d’artificio di colori dove tuffare le mani fino alle braccia e annusare e perdersi nella deliziosa armonia di profumi che la natura ci regala a primavera. O ancora perdersi nel grande dipinto di Leonardo Dudreville, in cui cielo, case, fiori, nuvole e alberi ruotano in una sorta di magico caleidoscopio futurista dai colori allegri e squillanti: siamo nel 1912 e il mondo crede ancora alla felicità e al progresso. Poi ecco i fiori simbolici, come nelle opere di Galileo Chini, dove sottolineano la raffigurazione della vita e dell’amore: una coppia si abbraccia contro un muro di rose, fra sottili rami di salice e piccole stelle come in un sogno d’amore. Nell’altro la vita nasce, tra i rami di pesco dai fiori leggeri e rosei una madre dall’aria serena abbraccia due piccoli putti: è l’età dell’oro, la vita come dovrebbe essere, senza la sopraffazione dell’uomo sull’uomo.

Galileo Chini, L’amore, 1919, olio su tela, 277×172 cm, coll. privata

Nella stessa sala si può ammirare un dipinto ritrovato di Felice Casorati, in cui su uno sfondo scuro risalta una boccia di vetro colma di fiordalisi: è un dipinto magnetico dove questi fiori (ora quasi introvabili perché anche i fiori hanno le lore mode) riempiono quasi tutto lo spazio, staccandosi dall’oscurità profonda dello sfondo. Nella parte inferiore del vaso scorgiamo un riflesso misterioso, si intravede una piccola finestra chiara, una silhouette scura, ma è il pittore riflesso dentro il vaso! Un piccolo raffinatissimo autoritratto.

Felice Casorati, Scherzo: Fiordalisi, 1914, tecnica mista su cartone, 79×59 cm.

Seguono i fiori futuristi, tanti, allegri, giocosi. In questa sezione la fanno da padrone Fortunato Depero, con le sue deliziose tempere dei fiori stilizzati, e Giacomo Balla con i suoi fiori che sono forme concatenate di colori, inventate dalla sua debordante creatività: sono i Balfiori, i fiori di Balla, che non esistono in natura, Balla la crea la sua natura!

Fortunato Depero, Flora, 1946, tempera su cartone, 62.5×110.5 cm, MART

Le donne sono sempre state paragonate ai fiori, e quindi ecco una sezione di donne belle e affascinanti, tutte con i loro fiori in mano, sensuali e altoborghesi come nei dipinti di Boldini o più semplici come la venditrice di fiori di Zandomeneghi, o le gentili borghesi che nel loro salotto sistemano in un vaso margherite e garofani, per arrivare alle donne di Antonio Donghi e Mario Broglio, dall’aria sospesa e rarefatta, fra Metafisica e Realismo magico, e alla donna  di Severini,  nuda come la Maya desnuda di Goya ma dai piani scomposti, senza volto e vicina alla pittura di Picasso, solo un piccolo mazzo di fiori gialli a ricordarci il tema della mostra.

Vi volevate dimenticare le rose? Non è possibile, ed ecco una sezione interamente dedicata a questo fiore, amatissimo da sempre: dalle rose silenziose di Morandi alle algide rose bianche di Cagnaccio di Sa Pietro, da quelle veloci e quasi schizzate di Boldini alle umili rose su una sedia impagliata di Pirandello, fino alle rose contemporanee in ceramica di Bertozzi e Casoni, che omaggiano in tridimensione un dipinto di Morandi. Nelle ultime sale sono talmente tante le opere che i curatori hanno adottato un sistema espositivo antico: la quadreria rinascimentale. Le opere sono concentrate l’una accanto all’altra, dialogano fra loro, si guardano, e riempiono lo spazio di colori, l’occhio quasi confuso da tante immagini floreali deve fare uno sforzo per scegliere le preferite, è un bel gioco visivo, quale vorreste dei tanti appesi?

Giorgio Morandi, Fiori, 1942, olio su tela, 28.5×30 cm, Fondazione Magnani Rocca

Ma ecco, in un corridoio incontriamo vasi di piante secche; com’è possibile? vi chiedete, cosa è successo? come mai non sono state annaffiate? Poi vi avvicinate e scoprite che le piante sono fatte di tondini di ferro che ne imitano la struttura, e poste in vasi di terracotta accanto a vasi di piante vere creano un divertente spaesamento. Vicino all’installazione si trova un’intera parete di fiori in vaso: Spadini, Cadorin, Rosai, Mafai, Pincherle, Guttuso, Salvo, Casorati (sempre un dei miei preferiti), Donghi, De Pisis, Colacicchi… 

La natura può essere anche inquietante, ed ecco gli strani fiori di Savinio, che sembrano venire dallo spazio, il misterioso cactus notturno di Paresce, il viola fiore del male di Mattioli, e la fanciulla che con un ancheggiamento medioevale esce da una porta oscura per annaffiare una pianta di iris, opera di Nella Marchesini, allieva di Casorati, pittrice poco conosciuta che andrebbe riscoperta. 

Nella Marchesini, L’ireos, 1931, olio su cartone, 99×69.5 cm, Archivio Marchesini

L’ultima grande sala raccoglie i fiori contemporanei, da quelli d’ottone di Fausto Melotti, che crea un giardino pensile di fiori lunari, al grande fiore nero di Jannis Kounellis, ombra di un fiore su una tela bianca, essenza stessa della natura. 

Jannis Kounellis, Untitled, 1966/67, ducotone su tela, 230×281, coll. privata

Claudia Menichini

Categories:

Comments are closed

il BLOG di C.A.M.Po.

Novità su Eventi, Pubblicazioni, Mostre …
al Centro Arte Mariella Poli

e in altri luoghi pubblici e privati

Come trovarci

Indirizzo
Via Padule, 63/g
55045
Pietrasanta (LU)

 

Telefono
+39 340 519 4083

email
mariella.poli@gmail.com